Gruppo di lettura – 27 giugno 2023

Salento, giugno 1934. A Lizzanello, un paesino di poche migliaia di anime, una corriera si ferma nella piazza principale. Ne scende una coppia: lui, Carlo, è un figlio del Sud, ed è felice di essere tornato a casa; lei, Anna, sua moglie, è bella come una statua greca, ma triste e preoccupata: quale vita la attende in quella terra sconosciuta?
Persino a trent’anni da quel giorno, Anna rimarrà per tutti «la forestiera», quella venuta dal Nord, quella diversa, che non va in chiesa, che dice sempre quello che pensa. E Anna, fiera e spigolosa, non si piegherà mai alle leggi non scritte che imprigionano le donne del Sud. Ci riuscirà anche grazie all’amore che la lega al marito, un amore la cui forza sarà dolorosamente chiara al fratello maggiore di Carlo, Antonio, che si è innamorato di Anna nell’istante in cui l’ha vista.
Poi, nel 1935, Anna fa qualcosa di davvero rivoluzionario: si presenta a un concorso delle Poste, lo vince e diventa la prima portalettere di Lizzanello. La notizia fa storcere il naso alle donne e suscita risatine di scherno negli uomini. «Non durerà», maligna qualcuno.
E invece, per oltre vent’anni, Anna diventerà il filo invisibile che unisce gli abitanti del paese. Prima a piedi e poi in bicicletta, consegnerà le lettere dei ragazzi al fronte, le cartoline degli emigranti, le missive degli amanti segreti. Senza volerlo – ma soprattutto senza che il paese lo voglia – la portalettere cambierà molte cose, a Lizzanello.
Quella di Anna è la storia di una donna che ha voluto vivere la propria vita senza condizionamenti, ma è anche la storia della famiglia Greco e di Lizzanello, dagli anni ’30 fino agli anni ’50, passando per una guerra mondiale e per le istanze femministe.
Ed è la storia di due fratelli inseparabili, destinati ad amare la stessa donna.

Questa non è solamente la storia di Anna la portalettere, è anche la storia di Anna che ama sorseggiare la colazione tiepida sulla panchina del giardino prima dell’inizio della giornata, è la storia di Anna venuta dalla Liguria a Lizzanello per amore di suo marito, è la storia di Anna, donna moderna, controcorrente e determinata a diventare la prima portalettere del paese, è la storia di Anna che si impegna per gli altri, per le donne ma, soprattutto, per la libertà personale di tutti quelli che incrociano la sua strada.


Non è però abbastanza, perché questa è anche la storia di Carlo e del progetto vinicolo, di Antonio e dei suoi libri sottolineati, di Agata e del pasticcio di carne che soffoca lo sdegno e l’insoddisfazione, di Giovanna e della sua rinascita, di Daniele e del suo sogno stilistico, di Carmela e dell’abbandono mai perdonato, di Lorenza e delle sue fragilità. È la storia di un’epoca, di persone, gesti, parole e tradizioni che si incontrano e scontrano con l’anticonformismo di una donna che sa essere tutto senza giudicare niente, coerente fino alla fine, ritta e determinata in ogni sfumatura della sua vita.


La storia che Francesca Giannone scrive in queste pagine, e che trae ispirazione dalla storia della bisnonna, è una storia personale e familiare lunga quasi trent’anni, dal 1934 al 1961, un concentrato di personaggi ed eventi che avvolgono il lettore tra gesti e tradizioni, sentimenti, scelte e segreti che incrociano sempre la strada di Anna, protagonista travolgente dalle tantissime sfumature, donna moderna e visionaria, che mai si abbassa alle controverse ingiustizie di un paese arcaico e omertoso, incatenato a usi e giudizi morali insensati, che combatte per se stessa e per gli altri, che dona amore e rinuncia anche ad esso per la propria integrità. 


Una protagonista che basterebbe a descrivere la pienezza di queste pagine, il fulcro di un romanzo che vive anche accompagnato da tanto altro, dai luoghi, dai co-protagonisti, dal tempo e dalle decisioni, a volte dolci amare che sottolineano le diversità intime di ognuno dei personaggi dando voce alle diversità interiori dell’animo umano e alle conseguenze di ogni scelta.
Una storia ben scritta, ben raccontata e coinvolgente da cui si emerge a fine lettura con un po’ di tristezza e commozione, consapevoli però di aver letto un piacevole, piacevolissimo romanzo con una protagonista davvero unica!

Recensione

La portalettere” di Francesca Giannone è un salto indietro nel tempo, a un’Italia che è andata, ma che forse per alcuni torna nei ricordi sparsi dei nonni, soprattutto di quelli che hanno vissuto al Sud nei decenni a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. Con una bravura e una capacità descrittiva eccezionale, l’autrice ti fa sentire parte di Lizzanello, parte della sua comunità, facendoti assaporare gli odori, i colori, i paesaggi salentini e presentandoti una serie di personaggi tanto ben costruiti da apparire veri. Seguire la storia della “signora portalettere”, della “forestiera”, per quasi tre decenni, è stato un piacere e in ultimo devo dire di essermi commossa non poco. Quando Anna arriva nel piccolo paesino, lei che viene dal nord ed è cresciuta con una mentalità più aperta, si scontra con una comunità che non è pronta ad accogliere le sue stranezze. Siamo negli anni ’30 e una donna deve stare al suo posto, ricoprire i suoi ruoli e non cercare di sconfinare in quelli maschili. Ma Anna è diversa, lei non ha bisogno di un uomo per sentirsi completa, lei è indipendente, pur con tutto l’amore che prova per Carlo, il giovane marito per cui ha lasciato la sua casa.

Gruppo di lettura – 23 maggio 2023

Omar ha dieci anni e passa le giornate alla finestra sperando che sua madre torni: da troppi giorni non viene, e lui non sa più nemmeno se è viva. Suo fratello gli strofina il naso sulla guancia per fargli il solletico, ma non riesce a consolarlo. Senza la madre il mondo svapora. Solo Nada lo calma, tenendolo per mano: soltanto lei, con i suoi occhi celesti, è per Omar un desiderio. Ha undici anni, sulla fronte una vena che pulsa se qualcuno la fa arrabbiare, e un fratello, Ivo, grande abbastanza da essere arruolato. Nada e Omar sono bambini nella primavera del 1992, a Sarajevo.
Per allontanarli dalla guerra, una mattina di luglio un pullman li porta via contro la loro volontà. Se la madre di Omar è ancora viva, come farà a ritrovarlo? E se Ivo morisse combattendo? In viaggio per l’Italia, lungo strade ridotte in macerie, Nada conosce Danilo, che ha mani calde e una famiglia, al contrario di lei, e che un giorno le fa una promessa.
Nessuna infanzia è spensierata, ciascuno di noi porta con sé le sue ferite, ma anche quando ogni certezza sembra venire meno, possiamo trovare un punto fermo attorno al quale far girare tutto il resto.
Mi limitavo ad amare te entra nelle fibre del lettore colpendo quel punto come una freccia. Ispirato a una storia vera, è un romanzo di ampio respiro, di formazione, di guerra e d’amore, che si colloca a pieno titolo nella tradizione del grande romanzo europeo. Con la sua scrittura precisa e toccante, Rosella Postorino torna a indagare le nostre questioni private, quelle che finiscono per occupare il centro dei pensieri e delle azioni degli esseri umani anche nel mezzo dei rivolgimenti storici più scioccanti. Così, mentre infuria il conflitto che per primo in Europa ha spezzato una lunga pace, ecco che ci interroghiamo sull’“inconveniente di essere nati”. Come si diventa grandi quando da piccoli si è stati amati malamente? E chi può mai dire di essere stato amato come e quanto avrebbe voluto? Nada, Omar e Danilo scoprono presto nel legame che li unisce, e che li spinge a giurarsi fedeltà eterna oppure a tradirsi, la più grande risorsa per una possibile salvezza.

Gruppo di lettura – 26 aprile 2023

Esiste un museo, a Parigi, dove non sono custoditi né quadri né statue. In questo museo si conservano emozioni: ogni oggetto ― un vecchio telefono, una scarpetta bianca, un biglietto del treno ― è infatti il segno concreto di un amore perduto, di una fiducia svanita, di una perdita. Cimeli donati da chi vorrebbe liberarsi dei rimorsi e andare avanti. Come la curatrice, Laure, che ha creato il Museo delle Promesse Infrante per conservare il suo ricordo più doloroso: quello della notte in cui ha dovuto dire addio al suo vero amore. Quando Laure lascia la Francia e arriva a Praga, nell’estate del 1986, ha l’impressione di essere stata catapultata in un mondo in cui i colori sono meno vivaci, le voci meno squillanti, le risate meno sincere. Poi capisce: lì, la gente è stata costretta a dimenticare cosa sia la libertà. Eppure qualcuno non si rassegna. Come l’affascinante Tomas, incontrato per caso a uno spettacolo di marionette. Per lui, Laure è pronta a mentire, lottare, tradire. Ma ancora non sa di cosa è capace il regime, né fin dove lei dovrà spingersi per salvarsi la vita. Laure si è pentita amaramente della scelta che ha dovuto compiere tanti anni prima ed è convinta che non avrà mai l’occasione per sistemare le cose. Eppure ben presto scoprirà che il Museo delle Promesse Infrante è un luogo in cui le storie prendono nuovo slancio, spiccano il volo verso mete inaspettate. E magari ricuciono i fili strappati dal destino. Come quelli che la legano a un uomo che aspetta solo un cenno per mantenere la sua promessa…

Gruppo di lettura – 9 marzo 2023

Decapitati i miei quattro compagni, un indio – non so se uno dei due che aveva ucciso gli altri, non riuscivo più a distinguerli – mi ha levato il cappuccio, e prima di decapitarmi ha studiato per bene la mia testa. Mi ha scrutato da vicino, come una belva davanti alla preda. Dopodiché è indietreggiato di qualche passo, senza staccarmi gli occhi di dosso, e ha proferito una frase che poi ha iniziato a ripetere senza interruzione: “Kulumanè-Jajary-Karai, Kulumanè-Jajary-Karai…” (pag. 87)

Altri indios ripetono la stessa frase incomprensibile e non uccidono Ugolino.

selvaggi si prendono cura di Ugolino, lo nutrono, gli costruiscono una capanna, e una donna, che lui chiama Giorgina, come il perduto amore veneziano, lo ama senza alcuna remora per il suo aspetto. Il mostro italico è il miracolo amerindio. Ugolino scopre di essere considerato il tramite tra gli uomini e gli dei, i Karai, le divinità del fuoco, che lo hanno marchiato e consacrato: diventa il protettore della comunità quando riesce «a fermare il fuoco che stava distruggendo un pezzo di foresta e rischiava di divorare l’intero villaggio».

Gruppo di lettura – giovedì 9 febbraio 2023

Marco Carrera è paragonato al colibrì per le sue dimensioni, dal momento che egli fino ai quattordici anni rimane piuttosto piccolo di statura, ma anche e soprattutto perché, nelle varie circostanze e malgrado lo svolgersi degli eventi, il suo rapportarsi alla vita assomiglia a quel battito d’ali col quale quel piccolo uccello riesce a mantenersi in equilibrio.

“Per tutta la sua infanzia Marco Carrera non si era accorto dei contrasti tra sua madre e suo padre… e solo per questo la sua infanzia era stata felice. Anzi, di più… li aveva perfino presi a modello, sì, e imitati, strutturandosi in un contorto miscuglio di caratteristiche mutuate dall’uno e dall’altra – le stesse che nel loro tentativo di unione si erano dimostrate inconciliabili”. Da protagonista, Marco è il punto di vista e il riferimento, la chiave di lettura degli eventi che di volta in volta interessano i membri della sua famiglia, che egli, responsabilizzandosi e colpevolizzandosi, prende in carico, anche pretendendo di condizionare le storie e la storia. Così, nella sua mente, non solo quella dei genitori, anche la vita della sorella e poi della moglie, della figlia… senza dimenticare quella di Luisa, il suo amore mancato e imperituro, sembra debbano dipendere dalle sue scelte personali, di lui che vorrebbe ergersi come un gigante a fermare la grande frana della vita, salvo poi doversi inevitabilmente lasciar travolgere scoprendo forze contrarie fino a quel momento imprevedibili.

Le sequenze della storia sono narrate in disordine, accostate per continuità logica più che temporale e il lettore è chiamato a ricostruirne, insieme alla successione cronologica, le connessioni e le dinamiche tra casualità e causalità, interpretando motivazioni e cogliendo relazioni.

«Ernaux passa attraverso il corpo, i desideri, la sessualità. la carne per raccontare una condizione che non può essere ridotta a un’unica dimensione, tantomeno a quella puramente autobiografica, anche se il percorso ha tutte le caratteristiche di una dolorosa presa di coscienza, inevitabile, liberatoria. In gioco, più che la felicità a cui la scrittrice sembra non dare troppo peso, c’è l’integralità della persona, il suo riconoscersi in sé stessa.» – Cristina Taglietti, la Lettura

«Sempre attenta ai bisogni degli altri. Come se per una donna non ci fosse nulla, proprio nulla, di più importante»

Le scoperte e i tabù dell’infanzia, gli ardori e i conformismi dell’adolescenza, gli anni trepidi e indipendenti dell’università, ingolfati di amori e di scelte, finché i mille bivi della giovinezza non convergono in un’unica via dalla forza di attrazione quasi irresistibile: il matrimonio, la fondazione di una famiglia. E qui lo squilibrio di ruoli e mansioni tra moglie e marito, tra madre e padre condanna l’autrice alla glaciazione dell’interiorità e del desiderio. In un continuo contrappunto tra le proprie esperienze e i modelli imposti dall’onnipresente universo maschile – nel sussidiario delle elementari come nei riti collettivi della gioventù e nei luoghi comuni sulla «femminilità» –, Annie Ernaux descrive con precisa passione l’apprendistato alla disparità di una donna, consegnandoci con spietata limpidezza un’impareggiabile radiografia della moderna vita di coppia.

Contributo di Valera Gramolini

Mi ha fatto uno strano effetto leggere questo libro di Annie Ernaux, che ho conosciuto solo perché i tg ne hanno parlato avendo vinto il Nobel per la letteratura 2022. Scopro così che è autrice molto conosciuta ed amata non solo in Francia, di cui ha raccontato il clima socio-culturale di più di mezzo secolo, avendo ottantadue anni anni e scritto molti libri, tra i quali questo forse non è il migliore, stando ai giudizi della critica, che invece raccomanda “Il posto” e “Gli anni”. Comunque pare che le tematiche siano piuttosto ricorrenti e che i diversi romanzi facciano sempre in qualche modo riferimento alla sua storia personale, la quale è la storia di quasi tutte le donne, alle prese con le questioni proprie del nostro sesso: i condizionamenti sociali e familiari alla differenziazione tra i ruoli maschili e femminili, le problematiche proprie del nostro corpo, vale a dire contraccezione, maternità, aborto, piacere e quelle della psiche, cioè i conflitti interiori che insorgono nella battaglia per l’affermazione della nostra autonomia ed indipendenza. Tematiche che in questo libro sono tutte presenti e che si riferiscono ai primi 35/40 anni della vita dell’autrice, a cominciare dalle anomale figure genitoriali, alla solitudine propria dei figli unici, lei, così diversa dalle proprie coetanee, e poi l’affacciarsi del desiderio amoroso e della ambigua spinta a cercare un partner, ora voluto ora rifiutato, la volontà di emergere ed affermarsi culturalmente e professionalmente e la difficoltà a farlo, per l’ingabbiamento nei ruoli, la vita di coppia soffocante e logorante, a cui si aggiunge una doppia maternità, una casuale ed una desiderata, non per una particolare attitudine ad essere madre, troppo esaltata dal mondo circostante, ma quasi come strumento di affermazione di un potere a cui il maschio non può accedere. Pur nella sofferenza di una battaglia solitaria ed incompresa, costretta ad una vita domestica a causa della quale è costretta a molte rinunce, la protagonista, cioè Annie, esce vincente, riuscendo alla fine ad incarnare il proprio vecchio sogno, e a conciliarlo parzialmente con una relazione coniugale in equilibrio perennemente instabile.

Lo strano effetto di cui parlavo all’inizio si riferisce al fatto che questo libro mi ha richiamato alla memoria cose alle quali non pensavo più da molto tempo e che erano invece oggetto ricorrente di discussioni ed approfondimenti durante gli anni di università e di battaglie femministe. Le quali naturalmente non si sono acquietate e giustamente, visti i tempi. Penso che il premio Nobel a questa autrice sia stato conferito più a sostegno della giusta rivendicazione dei nostri diritti in un mondo sempre più misogino e violento nei nostri confronti che per la qualità letteraria della sua scrittura, che comunque trovo molto interessante, così asciutta, scarna, precisa, vera e immediata da giungere davvero a tutti. Un premio al suo lavoro e alla carriera, realizzata attraverso una tenacia che a molte donne manca, e quindi un incoraggiamento a difendere quanto si è ottenuto, e non solo in quei paesi dove le donne non possono mostrare il viso né occupare i banchi di scuola.

Libro in lettura per il Gruppo di lettura di Monte Porzio, reperibile all’ l’edicola Manu da oggi fino al 9 febbraio, giorno del nostro prossimo incontro alle 21, nei locali della nostra biblioteca e poi sempre a disposizione. Consigliato assolutamente a tutte le donne che fanno fatica a volersi bene!

Mentre la maggior parte delle persone ama uniformarsi alla massa, rassicurati dalla condivisione di qualcosa dai grandi numeri, il barbiere Rodolfo, demotivato dalla routine di una vita senza eccellenze, coltiva il sogno di distinguersi. Passa dunque in rassegna e tenta, organizzandosi senza badare a spese, alcune possibilità. Esplora i diversi mondi delle minoranze alla ricerca della sua, ma senza successo, finché finalmente anche lui trova un piccolo mondo a cui appartenere. Ma si tratta di vero cambiamento?

Con grande acume ed ironia Diego Marani, direttore dell’istituto italiano di cultura a Parigi ed autore fecondo, descrive i contorcimenti mentali di un uomo alla ricerca di una dimensione personale da contrapporre alla imperante massificazione. Un piccolo libro scritto in una lingua bella ed elegante.

Commento di V. Gramolini

Nella cameretta di Samantha spicca appeso al muro il poster di una donna lupo, «capelli lunghi, occhi gialli, un corpo da mozzare il fiato, gli artigli al posto delle unghie», una donna che non si arrende davanti a nulla e sa difendersi e tirare fuori i denti. Samantha invece, a 17 anni, ha raccolto nella vita solo tristezze e non ha un futuro davanti a sé. Non è solo la povertà della famiglia; è che la gente come lei non ha più un posto che possa chiamare suo nell’ordine dell’universo.

Lo stesso vale per tutti gli abitanti di Colle San Martino: vite a perdere, individui che, pur gomito a gomito, trascinano le loro esistenze in solitudine totale, ognuno con i suoi sordidi segreti, senza mai un momento di vita collettiva, senza niente che sia una cosa comune. Sul paese dominano, rispettivamente dall’alto del palazzo padronale e dal campanile della chiesa, Cicci Bellè, «proprietario di tutto», e un prete reazionario, padre Graziano. I due si odiano e si combattono; opprimono e sfruttano, impongono ricatti e condizionamenti.

Cicci Bellè prova un solo affetto, per il figlio Mariuccio, un ragazzone di 32 anni con il cervello di un bambino di 5; padre Graziano porta sempre con sé il nipote Faustino, bambino viziato, accudito da una russa silenziosa, Ljuba. Samantha non ha conforto nel ragazzo con cui è fidanzata, nemmeno nei conformisti compagni di scuola; riesce a comunicare solo con l’amica Nadia. Tra squallide vicende che si intrecciano dentro le mura delle case, le sfide dei due prepotenti e i capricci di un destino tragico prima abbattono la protagonista, dopo le permettono di vendicarsi della sua vita con un colpo spregiudicato, proprio come una vera donna lupo; un incidente, un grave lutto, un atto di follia, sono le ironie della vita di cui la piccola Samantha riesce ad approfittare.

La penna di Antonio Manzini, che ha descritto un personaggio scolpito nella memoria dei lettori come Rocco Schiavone, raffigura individui e storie di vivido e impietoso realismo in un noir senza delitto, un romanzo di una ragazza sola e insieme il racconto corale di un piccolo paese. Una specie di lieto fine trasforma tutto in una fiaba acida. Ma dietro quest’apparenza, il ghigno finale della donna lupo fa capire che La mala erba è anche altro: è un romanzo sul cupio dissolvi di due uomini prepotenti, sulla vendetta che non ripristina giustizia, sul ciclo inesorabile e ripetitivo dell’oppressione di una provincia emarginata che non è altro che l’immensa, isolata provincia in cui tutti viviamo.

venerdì 28 ottobre a Monte Porzio

REGINA BLUES

Attraverso la voce narrante di Syd, arbitro designato per la finale del torneo delle scuole, la storia racconta la singola domenica mattina, mai più ripetibile da quel giorno, di un gruppo di liceali, i Santi del liceo Classico e gli Eroi del liceo Scientifico, che vivono a Regina la loro città, dei loro sogni, delle loro attività, delle loro angosce, delle loro speranze. Racconta una partita di calcio memorabile che viene giocata nel pomeriggio della stessa domenica e che sarà bruscamente interrotta da un evento terribile che sconvolgerà la loro esistenza. A quasi trent’anni di distanza, Syd ci racconta infine il suo destino e quello dei suoi compagni, di alcuni che ce l’hanno fatta ed altri no.

LA LIBERTA’ macchia il cappotto

“𝓗𝓸 𝓿𝓮𝓷𝓽’𝓪𝓷𝓷𝓲, 𝓸𝓻𝓶𝓪𝓲. 𝓝𝓮𝓵 𝓹𝓻𝓲𝓶𝓸 𝓿𝓮𝓷𝓽𝓮𝓷𝓷𝓲𝓸 𝓿𝓲𝓼𝓼𝓾𝓽𝓸 𝓹𝓮𝓻𝓲𝓬𝓸𝓵𝓸𝓼𝓪𝓶𝓮𝓷𝓽𝓮 𝓱𝓸 𝓼𝓹𝓮𝓻𝓲𝓶𝓮𝓷𝓽𝓪𝓽𝓸 𝓼𝓾𝓵𝓵𝓪 𝓶𝓲𝓪 𝓹𝓮𝓵𝓵𝓮 𝓬𝓱𝓮 𝓮̀ 𝓲𝓶𝓹𝓸𝓼𝓼𝓲𝓫𝓲𝓵𝓮 𝓬𝓪𝓹𝓲𝓻𝓮 𝓵𝓪 𝓿𝓲𝓽𝓪, 𝓪𝓷𝓬𝓱𝓮 𝓼𝓮 𝓶𝓲 𝓼𝓸𝓷𝓸 𝓼𝓮𝓶𝓹𝓻𝓮 𝓲𝓶𝓹𝓮𝓰𝓷𝓪𝓽𝓸 𝓶𝓸𝓵𝓽𝓸 𝓹𝓮𝓻 𝓬𝓸𝓶𝓹𝓻𝓮𝓷𝓭𝓮𝓻𝓵𝓪 𝓪𝓵 𝓶𝓮𝓰𝓵𝓲𝓸. (…) 𝓥𝓸𝓻𝓻𝓮𝓲 𝓬𝓪𝓹𝓲𝓻𝓮 𝓾𝓷 𝓶𝓲𝓵𝓲𝓪𝓻𝓭𝓸 𝓭𝓲 𝓹𝓮𝓻𝓬𝓱𝓮́. 𝓘𝓵 𝓹𝓮𝓻𝓬𝓱𝓮́ 𝓹𝓻𝓲𝓷𝓬𝓲𝓹𝓪𝓵𝓮 𝓮̀ 𝓵𝓪 𝓭𝓸𝓶𝓪𝓷𝓭𝓪 𝓹𝓲𝓾̀ 𝓼𝓬𝓸𝓶𝓸𝓭𝓪 𝓬𝓱𝓮 𝓶𝓲 𝓹𝓸𝓷𝓰𝓸 𝓭𝓪 𝓽𝓮𝓶𝓹𝓸 𝓮 𝓱𝓪 𝓪 𝓬𝓱𝓮 𝓯𝓪𝓻𝓮 𝓬𝓸𝓷 𝓵𝓪 𝓼𝓬𝓸𝓶𝓹𝓪𝓻𝓼𝓪 𝓹𝓻𝓮𝓶𝓪𝓽𝓾𝓻𝓪 𝓭𝓲 𝓶𝓲𝓪 𝓶𝓪𝓭𝓻𝓮”.

“La libertà macchia il cappotto”, il romanzo di Antonello Loreto, è la storia di Quentin (Q, come ama essere chiamato), ma soprattutto della sua difficile adolescenza, difficile passaggio dall’infanzia all’età adulta che si chiama, appunto ADOLESCENZA, segnata in modo particolare dalla prematura scomparsa dei genitori.

7 Ottobre – “ANCHE SE MAURO NON C’ERA di Even mattioli

Autunno con gli autori – II edizione

“Anche se Mauro non c’era” è il titolo del tanto atteso secondo volume dello scrittore marottese Even Mattioli, una raccolta di undici racconti brevi dove alle “cose” che succedono nelle vite delle persone si aggiungono quelle che accadono dentro le persone, tra i pensieri, i silenzi e i ricordi di un passato ancora presente. Undici storie per rabbia e altre emozioni, raccontate in equilibrio (precario) tra leggerezza e pro­fondità, ironia e introspezione.

I racconti del nuovo libro sono saliti sul podio della sezione narrativa inedita della 46^ Edizione del Premio Letterario Casentino.

Gruppo di lettura – 25 ottobre

La continentale è una donna del Nord, bella come un’attrice del cinematografo, bionda, il cui promettente futuro si incrina il giorno disgraziato in cui sposa un siciliano.

È allora che lascia Padova e si trasferisce in Sicilia, dove vive per tutta la vita coltivando un’avversione profonda per la terra che l’ha accolta e per tutti coloro che la abitano. A rievocare quell’ostilità, è la figlia, che si muove tra il punto di vista consapevole della scrittrice che oggi è diventata e quello disarmante della bambina che è stata.

Una bambina divisa dunque tra Nord e Sud, tra madre e padre. Ma che, a dispetto di tutti i pregiudizi, vive un’infanzia luminosa, tra cicale ubriache di sole e corse sfrenate, riti arcaici, feste religiose, dissidi tra il sindaco e il parroco degni di Guareschi. Ma anche un ibrido, un’assurdità, una sorta di mostro.

Silvana La Spina trasporta un tema molto noto e molto sensibile per ogni italiano, il rapporto Nord-Sud, dal terreno dello scontro tra fazioni a quello intimo della famiglia. Ne deriva una narrazione scattosa, rapida, paradossale, amara, dolente e divertita.

9 settembre – Mauro Riccioni

Un dialogo tra due bambini da sopra a sotto il mare: Leonardo in una nave da crociera e Akanke dal fondo del Mediterraneo.

Questo lo scenario in cui si svolge la storia raccontata da Mauro Riccioni, nel suo primo romanzo da oggi disponibile online e nelle principali librerie delle Marche: “Lettera di una bambina in fondo al mare”.

Akanke è un’africana: ha conosciuto la miseria, sopportato lo sfruttamento, sfidato il deserto e affrontato la traversata del Mare Nostrum a bordo di una carretta del mare. Lì ha trovato la morte.

Narra questa storia a Leonardo, giovane occidentale in vacanza, per spingerlo a pensare e, magari, a raccontare al mondo una silenziosa tragedia che ogni giorno si ripete a poche miglia marittime dalla nostra quotidianità.

E Leonardo saprà rispondere ad Akanke.