martedì 14 novembre – incontro Gruppo di Lettura per parlare del libro L’Arminuta. P.zza Garibaldi 3 Monte Porzio ore 21.00.
«Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza»
L’ARMINUTA
di Donatella di Pietrantonio
( un commento di Valeria Gramolini)
Una prosa asciutta e precisa che nulla lascia alla fantasia e al compiacimento descrittivo. Ambienti e paesaggi sommariamente tratteggiati, introspezione scarna e circoscritta al personaggio principale, efficace e senza fronzoli. Attenzione ai gesti, alle sequenze dei fatti, colti in una spiazzante e rapida oggettività. Ecco, tutto questo è L’ARMINUTA.
Una lettura facile, agevole, di quelle che spingono a divorare il libro alla ricerca dell’evento scatenante, la causa prima dalla quale tutto è iniziato.
Una ragazzina tredicenne adottata in tenerissima età viene restituita, come un pacco, alla madre naturale senza che le venga fornita alcuna spiegazione, con il prevedibile carico di dubbi, perplessità e sensi di colpa che ne seguono.
Da una situazione privilegiata di buona famiglia, L’ARMINUTA, cioè la restituita, passa a quella depauperata di quella originaria. La famiglia che a suo tempo se ne era “liberata” è infatti sovrappopolata oltre che povera. Le parole che corrono tra i suoi componenti sono poche e spesso cattive, come i gesti privi di qualsiasi minima affettuosità. La miseria degrada l’amore e lo rende impossibile.
Il contrasto tra vecchio e nuovo è stridente, esasperato, carico di ansie e sofferenze reciproche, come reciproci sono i rifiuti dovuti alle differenze e ad una competitiva rivalità. Solo la presenza talvolta ingombrante della sorella minore, già adulta nei modi e nei pensieri per necessità, rende quel ritorno sopportabile.
Dopo lungo tempo i silenzi, le verità taciute, le incongruenze e le mancanze riveleranno la loro ragion d’essere, ma l’esito di quella rivelazione dolorosa non sarà che la parziale accettazione di qualcosa mai compreso fino in fondo. Anche la parola perdono sembrerà esagerata ed inopportuna, o forse semplicemente fuori luogo, perché non ha senso perdonare ciò che è guasto da sempre.
Coloro che hanno fatto il male infatti non potevano agire diversamente, non ne erano capaci e lo dimostrano continuando a sbagliare, anche quando cercano di riparare o credono di aver fregato la mala sorte.
Anzi, è proprio la famiglia originaria, quella più goffa e ignorante, che forse trova una via di redenzione attraverso una benevolenza ritrovata, rozza ma sincera.
Su tutto e tutti infine spicca infine “la sorellanza”. Come a dire che quando padri e madri sono assenti o “sbagliati” che possa esserci almeno il conforto di una sorella, d’un fratello o d’una figura amica a colmare i vuoti e a riparare i torti di un infausto destino.
Per il resto non rimane che andare avanti contando soprattutto su se stessi, perché l’esistenza non è facile per nessuno e allora occorre ricacciare in gola la rabbia e le lacrime, imparare a difendersi e a cercare il proprio bene nelle rare occasioni che la vita ci riserva.
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