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Gruppo di lettura "le parole"

~ Io leggo perché … mi piace

Archivi della categoria: Incontro Gruppo di Lettura

Gruppo di lettura – 18 aprile 2023

10 venerdì Mar 2023

Posted by gruppodiletturaleparole in Incontro Gruppo di Lettura

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Esiste un museo, a Parigi, dove non sono custoditi né quadri né statue. In questo museo si conservano emozioni: ogni oggetto ― un vecchio telefono, una scarpetta bianca, un biglietto del treno ― è infatti il segno concreto di un amore perduto, di una fiducia svanita, di una perdita. Cimeli donati da chi vorrebbe liberarsi dei rimorsi e andare avanti. Come la curatrice, Laure, che ha creato il Museo delle Promesse Infrante per conservare il suo ricordo più doloroso: quello della notte in cui ha dovuto dire addio al suo vero amore. Quando Laure lascia la Francia e arriva a Praga, nell’estate del 1986, ha l’impressione di essere stata catapultata in un mondo in cui i colori sono meno vivaci, le voci meno squillanti, le risate meno sincere. Poi capisce: lì, la gente è stata costretta a dimenticare cosa sia la libertà. Eppure qualcuno non si rassegna. Come l’affascinante Tomas, incontrato per caso a uno spettacolo di marionette. Per lui, Laure è pronta a mentire, lottare, tradire. Ma ancora non sa di cosa è capace il regime, né fin dove lei dovrà spingersi per salvarsi la vita. Laure si è pentita amaramente della scelta che ha dovuto compiere tanti anni prima ed è convinta che non avrà mai l’occasione per sistemare le cose. Eppure ben presto scoprirà che il Museo delle Promesse Infrante è un luogo in cui le storie prendono nuovo slancio, spiccano il volo verso mete inaspettate. E magari ricuciono i fili strappati dal destino. Come quelli che la legano a un uomo che aspetta solo un cenno per mantenere la sua promessa…

Gruppo di lettura – 9 marzo 2023

15 mercoledì Feb 2023

Posted by gruppodiletturaleparole in Incontro Gruppo di Lettura

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Decapitati i miei quattro compagni, un indio – non so se uno dei due che aveva ucciso gli altri, non riuscivo più a distinguerli – mi ha levato il cappuccio, e prima di decapitarmi ha studiato per bene la mia testa. Mi ha scrutato da vicino, come una belva davanti alla preda. Dopodiché è indietreggiato di qualche passo, senza staccarmi gli occhi di dosso, e ha proferito una frase che poi ha iniziato a ripetere senza interruzione: “Kulumanè-Jajary-Karai, Kulumanè-Jajary-Karai…” (pag. 87)

Altri indios ripetono la stessa frase incomprensibile e non uccidono Ugolino.

I selvaggi si prendono cura di Ugolino, lo nutrono, gli costruiscono una capanna, e una donna, che lui chiama Giorgina, come il perduto amore veneziano, lo ama senza alcuna remora per il suo aspetto. Il mostro italico è il miracolo amerindio. Ugolino scopre di essere considerato il tramite tra gli uomini e gli dei, i Karai, le divinità del fuoco, che lo hanno marchiato e consacrato: diventa il protettore della comunità quando riesce «a fermare il fuoco che stava distruggendo un pezzo di foresta e rischiava di divorare l’intero villaggio».

Gruppo di lettura – giovedì 9 febbraio 2023

04 venerdì Nov 2022

Posted by gruppodiletturaleparole in Incontro Gruppo di Lettura

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Marco Carrera è paragonato al colibrì per le sue dimensioni, dal momento che egli fino ai quattordici anni rimane piuttosto piccolo di statura, ma anche e soprattutto perché, nelle varie circostanze e malgrado lo svolgersi degli eventi, il suo rapportarsi alla vita assomiglia a quel battito d’ali col quale quel piccolo uccello riesce a mantenersi in equilibrio.

“Per tutta la sua infanzia Marco Carrera non si era accorto dei contrasti tra sua madre e suo padre… e solo per questo la sua infanzia era stata felice. Anzi, di più… li aveva perfino presi a modello, sì, e imitati, strutturandosi in un contorto miscuglio di caratteristiche mutuate dall’uno e dall’altra – le stesse che nel loro tentativo di unione si erano dimostrate inconciliabili”. Da protagonista, Marco è il punto di vista e il riferimento, la chiave di lettura degli eventi che di volta in volta interessano i membri della sua famiglia, che egli, responsabilizzandosi e colpevolizzandosi, prende in carico, anche pretendendo di condizionare le storie e la storia. Così, nella sua mente, non solo quella dei genitori, anche la vita della sorella e poi della moglie, della figlia… senza dimenticare quella di Luisa, il suo amore mancato e imperituro, sembra debbano dipendere dalle sue scelte personali, di lui che vorrebbe ergersi come un gigante a fermare la grande frana della vita, salvo poi doversi inevitabilmente lasciar travolgere scoprendo forze contrarie fino a quel momento imprevedibili.

Le sequenze della storia sono narrate in disordine, accostate per continuità logica più che temporale e il lettore è chiamato a ricostruirne, insieme alla successione cronologica, le connessioni e le dinamiche tra casualità e causalità, interpretando motivazioni e cogliendo relazioni.

«Ernaux passa attraverso il corpo, i desideri, la sessualità. la carne per raccontare una condizione che non può essere ridotta a un’unica dimensione, tantomeno a quella puramente autobiografica, anche se il percorso ha tutte le caratteristiche di una dolorosa presa di coscienza, inevitabile, liberatoria. In gioco, più che la felicità a cui la scrittrice sembra non dare troppo peso, c’è l’integralità della persona, il suo riconoscersi in sé stessa.» – Cristina Taglietti, la Lettura

«Sempre attenta ai bisogni degli altri. Come se per una donna non ci fosse nulla, proprio nulla, di più importante»

Le scoperte e i tabù dell’infanzia, gli ardori e i conformismi dell’adolescenza, gli anni trepidi e indipendenti dell’università, ingolfati di amori e di scelte, finché i mille bivi della giovinezza non convergono in un’unica via dalla forza di attrazione quasi irresistibile: il matrimonio, la fondazione di una famiglia. E qui lo squilibrio di ruoli e mansioni tra moglie e marito, tra madre e padre condanna l’autrice alla glaciazione dell’interiorità e del desiderio. In un continuo contrappunto tra le proprie esperienze e i modelli imposti dall’onnipresente universo maschile – nel sussidiario delle elementari come nei riti collettivi della gioventù e nei luoghi comuni sulla «femminilità» –, Annie Ernaux descrive con precisa passione l’apprendistato alla disparità di una donna, consegnandoci con spietata limpidezza un’impareggiabile radiografia della moderna vita di coppia.

Contributo di Valera Gramolini

Mi ha fatto uno strano effetto leggere questo libro di Annie Ernaux, che ho conosciuto solo perché i tg ne hanno parlato avendo vinto il Nobel per la letteratura 2022. Scopro così che è autrice molto conosciuta ed amata non solo in Francia, di cui ha raccontato il clima socio-culturale di più di mezzo secolo, avendo ottantadue anni anni e scritto molti libri, tra i quali questo forse non è il migliore, stando ai giudizi della critica, che invece raccomanda “Il posto” e “Gli anni”. Comunque pare che le tematiche siano piuttosto ricorrenti e che i diversi romanzi facciano sempre in qualche modo riferimento alla sua storia personale, la quale è la storia di quasi tutte le donne, alle prese con le questioni proprie del nostro sesso: i condizionamenti sociali e familiari alla differenziazione tra i ruoli maschili e femminili, le problematiche proprie del nostro corpo, vale a dire contraccezione, maternità, aborto, piacere e quelle della psiche, cioè i conflitti interiori che insorgono nella battaglia per l’affermazione della nostra autonomia ed indipendenza. Tematiche che in questo libro sono tutte presenti e che si riferiscono ai primi 35/40 anni della vita dell’autrice, a cominciare dalle anomale figure genitoriali, alla solitudine propria dei figli unici, lei, così diversa dalle proprie coetanee, e poi l’affacciarsi del desiderio amoroso e della ambigua spinta a cercare un partner, ora voluto ora rifiutato, la volontà di emergere ed affermarsi culturalmente e professionalmente e la difficoltà a farlo, per l’ingabbiamento nei ruoli, la vita di coppia soffocante e logorante, a cui si aggiunge una doppia maternità, una casuale ed una desiderata, non per una particolare attitudine ad essere madre, troppo esaltata dal mondo circostante, ma quasi come strumento di affermazione di un potere a cui il maschio non può accedere. Pur nella sofferenza di una battaglia solitaria ed incompresa, costretta ad una vita domestica a causa della quale è costretta a molte rinunce, la protagonista, cioè Annie, esce vincente, riuscendo alla fine ad incarnare il proprio vecchio sogno, e a conciliarlo parzialmente con una relazione coniugale in equilibrio perennemente instabile.

Lo strano effetto di cui parlavo all’inizio si riferisce al fatto che questo libro mi ha richiamato alla memoria cose alle quali non pensavo più da molto tempo e che erano invece oggetto ricorrente di discussioni ed approfondimenti durante gli anni di università e di battaglie femministe. Le quali naturalmente non si sono acquietate e giustamente, visti i tempi. Penso che il premio Nobel a questa autrice sia stato conferito più a sostegno della giusta rivendicazione dei nostri diritti in un mondo sempre più misogino e violento nei nostri confronti che per la qualità letteraria della sua scrittura, che comunque trovo molto interessante, così asciutta, scarna, precisa, vera e immediata da giungere davvero a tutti. Un premio al suo lavoro e alla carriera, realizzata attraverso una tenacia che a molte donne manca, e quindi un incoraggiamento a difendere quanto si è ottenuto, e non solo in quei paesi dove le donne non possono mostrare il viso né occupare i banchi di scuola.

Libro in lettura per il Gruppo di lettura di Monte Porzio, reperibile all’ l’edicola Manu da oggi fino al 9 febbraio, giorno del nostro prossimo incontro alle 21, nei locali della nostra biblioteca e poi sempre a disposizione. Consigliato assolutamente a tutte le donne che fanno fatica a volersi bene!

Mentre la maggior parte delle persone ama uniformarsi alla massa, rassicurati dalla condivisione di qualcosa dai grandi numeri, il barbiere Rodolfo, demotivato dalla routine di una vita senza eccellenze, coltiva il sogno di distinguersi. Passa dunque in rassegna e tenta, organizzandosi senza badare a spese, alcune possibilità. Esplora i diversi mondi delle minoranze alla ricerca della sua, ma senza successo, finché finalmente anche lui trova un piccolo mondo a cui appartenere. Ma si tratta di vero cambiamento?

Con grande acume ed ironia Diego Marani, direttore dell’istituto italiano di cultura a Parigi ed autore fecondo, descrive i contorcimenti mentali di un uomo alla ricerca di una dimensione personale da contrapporre alla imperante massificazione. Un piccolo libro scritto in una lingua bella ed elegante.

Commento di V. Gramolini

Nella cameretta di Samantha spicca appeso al muro il poster di una donna lupo, «capelli lunghi, occhi gialli, un corpo da mozzare il fiato, gli artigli al posto delle unghie», una donna che non si arrende davanti a nulla e sa difendersi e tirare fuori i denti. Samantha invece, a 17 anni, ha raccolto nella vita solo tristezze e non ha un futuro davanti a sé. Non è solo la povertà della famiglia; è che la gente come lei non ha più un posto che possa chiamare suo nell’ordine dell’universo.

Lo stesso vale per tutti gli abitanti di Colle San Martino: vite a perdere, individui che, pur gomito a gomito, trascinano le loro esistenze in solitudine totale, ognuno con i suoi sordidi segreti, senza mai un momento di vita collettiva, senza niente che sia una cosa comune. Sul paese dominano, rispettivamente dall’alto del palazzo padronale e dal campanile della chiesa, Cicci Bellè, «proprietario di tutto», e un prete reazionario, padre Graziano. I due si odiano e si combattono; opprimono e sfruttano, impongono ricatti e condizionamenti.

Cicci Bellè prova un solo affetto, per il figlio Mariuccio, un ragazzone di 32 anni con il cervello di un bambino di 5; padre Graziano porta sempre con sé il nipote Faustino, bambino viziato, accudito da una russa silenziosa, Ljuba. Samantha non ha conforto nel ragazzo con cui è fidanzata, nemmeno nei conformisti compagni di scuola; riesce a comunicare solo con l’amica Nadia. Tra squallide vicende che si intrecciano dentro le mura delle case, le sfide dei due prepotenti e i capricci di un destino tragico prima abbattono la protagonista, dopo le permettono di vendicarsi della sua vita con un colpo spregiudicato, proprio come una vera donna lupo; un incidente, un grave lutto, un atto di follia, sono le ironie della vita di cui la piccola Samantha riesce ad approfittare.

La penna di Antonio Manzini, che ha descritto un personaggio scolpito nella memoria dei lettori come Rocco Schiavone, raffigura individui e storie di vivido e impietoso realismo in un noir senza delitto, un romanzo di una ragazza sola e insieme il racconto corale di un piccolo paese. Una specie di lieto fine trasforma tutto in una fiaba acida. Ma dietro quest’apparenza, il ghigno finale della donna lupo fa capire che La mala erba è anche altro: è un romanzo sul cupio dissolvi di due uomini prepotenti, sulla vendetta che non ripristina giustizia, sul ciclo inesorabile e ripetitivo dell’oppressione di una provincia emarginata che non è altro che l’immensa, isolata provincia in cui tutti viviamo.

Ultimo incontro 2021 – 21 dicembre

22 lunedì Nov 2021

Posted by gruppodiletturaleparole in Incontro Gruppo di Lettura

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La storia di Gioia colpisce e va dritta alle emozioni, è vita vera e piena, è quello sguardo sulle cose che non ti aspetti. “Eppure cadiamo felici” è illuminazione e bellezza spontanea. Ho percepito Gioia come se fosse reale quando leggevo, ho attraversato le sue impressioni, le sue paure, la sua ingenuità e la sua profondità allo stesso tempo. È proprio questo che mi ha colpita: il suo essere innocente e la sua forza di volontà, la sua intensità d’animo, la sua mentalità così differente e brillante. Enrico Galiano ha creato un personaggio formidabile, capace di tirar fuori un lato nascosto e sconosciuto che può essere presente in ognuno: quella preziosa bellezza che è dentro, nascosta, invisibile ma viva, che rende unica una persona, la fa essere ciò che è realmente e profondamente. Gioia regala questa visione, questa particolare prospettiva attraverso i suoi pensieri, le sue azioni, le sue domande, le sue discussioni con l’amica Tonia, le sue parole collezionate nel taccuino. Il suo percorso è fatto di incomprensioni a scuola, distanze, indifferenza dei genitori, musica, foto, solitudini, amore, tenerezza. Conosce la svolta quando incontra Lo: simili ma con vicende diverse, ognuno riesce ad entrare nell’altro perché si riconosce, si cerca trovandosi nonostante i dubbi, i tanti perché, le paure. La sofferenza personale lascia il posto all’amore, alla spontaneità, alla crescita. I loro incontri sono condivisione ed esplorazione che li trasforma, li sconvolge entrambi: Gioia conosce un lato della vita che non aveva mai avuto modo di conoscere, si sente diversa e se stessa allo stesso tempo, sperimenta per la prima volta l’intensità e la dolcezza di una relazione vera. Grazie a questo, la ragazza saprà andare incontro a Lo, questo ragazzo che si porta appresso il faticoso carico della sua storia. Gioia saprà prendere le sue decisioni anche quando il mondo attorno a lei non la comprende ma la giudica, la esclude. Il professor Bove, Giovanna (la barista del BarA) sono tra i pochi ad instaurare un dialogo concreto con lei, ad accoglierla e a starle vicino, a darle delle chiavi di lettura autentiche e sincere. In alcuni tratti l’immaginazione si confonde con i fatti, l’apparenza della realtà si mescola con l’interiorità profonda di Gioia. I fatti esterni assumono un significato alternativo, non scontato se visti da Gioia grazie alla scrittura diretta ed emotivamente ricca di Galiano. La passione per i Pink Floyd, per la fotografia, la collezione di parole intraducibili: ogni cosa diventa motivo di vita, di ricerca, di meraviglia. Quel pezzettino di bellezza nascosta che c’è e vive.

Al di là dello svolgimento del romanzo in sé, “Eppure cadiamo felici” svela il dolore personale, interno delle persone. Un dolore che fa cadere, che isola, che fa male dentro. C’è molto dietro ad un volto, ad un’espressione, ad un racconto, ad una semplice domanda. “Eppure” è quell’espressione che indica qualcosa di più, la risalita, la possibilità, la scelta che può cambiare. Questo libro mi ha personalmente lasciato quel modo particolare di considerare gli eventi, di vedere le persone, le riflessioni di Gioia, la sua sensibilità e la sua immaginazione fuori dal comune. Tra le parole intraducibili da tutto il mondo, ne riporto due che vorrei condividere: “magari” (“se solo questa cosa potesse essere vera”, dal greco makarios “felice”) e “shu”, parole cinese che significa “mettere l’altro nel proprio cuore”. Galiano ha saputo mettersi nei panni di una giovane ragazza, insegnando la bellezza della semplicità, della meraviglia nascosta e il valore unico dell’altro. Per me conoscere e incontrare Gioia tra le pagine è stata una scoperta inaspettata, bellissima che spero di ritrovare nel suo continuato “Felici contro il mondo” (Garzanti).

Incontro GDL 8 giugno

01 sabato Mag 2021

Posted by gruppodiletturaleparole in Incontro Gruppo di Lettura

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Per la vita di Olimpia sarà un incontro decisivo: Anselmo infatti intuisce subito l’intelligenza e la sensibilità della ragazza e le fa dono di un’edizione del Decameron del XVI secolo, censurata dall’Inquisizione. Olimpia, giovane e appassionata lettrice, da quel momento inizierà a collezionare libri antichi messi al bando dalla Chiesa e grazie agli insegnamenti di Anselmo e di suo nipote Davide diventerà ben presto capace di distinguere un’edizione originale da un falso. Con il passare del tempo l’amore di Olimpia per le parole nascoste in quelle pagine proibite continuerà a crescere, così come l’amore per il giovane Davide. Ma le scelte di Olimpia la porteranno lontano da Venezia. Parigi, estate 1999. Olimpia si è trasferita e ha aperto una casa d’aste, specializzata in libri antichi e manoscritti, divenuta ormai una delle più quotate ed eleganti della città. Un giorno, la donna riceve da Davide un pacchetto con delle lettere antiche, un tempo censurate e destinate alla distruzione, perché ritenute oscene e offensive, e un libro antico introvabile e dal valore inestimabile, messo al bando diversi secoli fa. Olimpia conosce bene il valore di quegli oggetti, e comincia così a indagare sulla loro provenienza. Come fa un modesto antiquario veneziano a esserne in possesso? E che legame c’è tra quelle lettere e la bottega da cui provengono?

Incontro Gruppo di Lettura – 29 settembre 2020

08 sabato Ago 2020

Posted by gruppodiletturaleparole in Incontro Gruppo di Lettura

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Tra momenti di gravità e «sgravità», microidee scartate, cassapanche che custodiscono il passato e rassicuranti oggetti della vita quotidiana il narratore di Bravi racconta con levità, appunto, una storia di non poco peso.

«Con tutte le cose che  succedono al mondo era successa anche questa». Si raccontano in questo romanzo le avventure tragicomiche di Anteo Aldobrandi e le sue levitazioni, iniziate un bel giorno senza preavviso all’età di quattordici anni. Sono passati trent’anni: da allora non ha mai smesso di levitare e di sperimentare quella forza cosmica che lo tira su. Un giorno, però, sempre senza preavviso, un postino gli consegna una busta verde pastello contenente una denuncia della sua ex moglie. Da quel giorno Anteo si trova a dover fare i conti con una realtà sempre più schiacciante. Tenta di tutto per tornare a levitare, ma fallisce ogni volta, mentre le buste verde pastello, che continuano ad arrivargli una dietro l’altra, lo tengono sempre più ancorato alla terra, invischiato in un processo penale di cui non capirà mai fino in fondo le accuse. Tuttavia, come dice il suo amico orologiaio, l’arte della levitazione non si perde mai: «ti sembra che scompaia, ma alla fine, quando meno te l’aspetti, te la ritrovi sotto i piedi».

“Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame”

La prima volta in cui Rosa Sauer entra nella stanza in cui dovrà consumare i suoi prossimi pasti è affamata. «Da anni avevamo fame e paura», dice. Siamo nell’autunno del 1943, a Gross-Partsch, un villaggio molto vicino alla Tana del Lupo, il nascondiglio di Hitler. Ha ventisei  anni, Rosa, ed è arrivata da Berlino una settimana prima, ospite dei genitori di suo marito Gregor, che combatte sul fronte russo. Le SS posano sotto ai suoi occhi un piatto squisito: «mangiate» dicono, e la fame ha la meglio sulla paura, la paura stessa diventa fame. Dopo aver terminato il pasto, però, lei e le altre assaggiatrici devono restare per un’ora sotto osservazione in caserma, cavie di cui le SS studiano le reazioni per accertarsi che il cibo da servire a Hitler non sia avvelenato. Nell’ambiente chiuso di quella mensa forzata, sotto lo sguardo vigile dei loro carcerieri, fra le dieci giovani donne si allacciano, con lo scorrere dei mesi, alleanze, patti segreti e amicizie. Nel gruppo Rosa è subito la straniera, la “berlinese”: è difficile ottenere benevolenza, tuttavia lei si sorprende a cercarla, ad averne bisogno. Soprattutto con Elfriede, la ragazza più misteriosa e ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva un nuovo comandante, Albert Ziegler. Severo e ingiusto, instaura sin dal primo giorno un clima di terrore, eppure – mentre su tutti, come una sorta di divinità che non compare mai, incombe il Führer – fra lui e Rosa si crea un legame speciale, inaudito.

Il mare è agitato e le bandiere rosse sventolano sulla spiaggia. Il piccolo Michele ha corso a perdifiato per tornare presto da scuola, ma quando apre la porta della sua casa, nella piccola stazione di Miniera di Mare, trova sua madre di fronte a una valigia aperta. Fra le mani tiene il diario segreto di Michele, un quaderno rosso con la copertina un po’ ammaccata. Con gli occhi pieni di tristezza la donna chiede a suo figlio di poter tenere quel diario. Lo ripone nella valigia, promettendo di restituirlo. Poi, sale sul treno in partenza dalla banchina. Sono passati vent’anni da allora. Michele vive ancora nella piccola casa dentro la stazione ferroviaria. Addosso, la divisa di capostazione di suo padre. Negli occhi, una tristezza assoluta, profonda e lontana. Perché sua madre non è mai più tornata. Michele vuole stare solo, con l’unica compagnia degli oggetti smarriti che ritrova ogni giorno nell’unico treno che passa da Miniera di Mare. Perché gli oggetti non se ne vanno, mantengono le promesse, non ti abbandonano. Finché un giorno, sullo stesso treno che aveva portato via sua madre, Michele ritrova il suo diario, incastrato tra due sedili. Non sa come sia possibile, ma sente che è sua madre che l’ha lasciato lì. Per lui. Ora c’è solo una persona che può aiutarlo: Elena, una ragazza folle e imprevedibile come la vita, che lo spinge a salire su quel treno e ad andare a cercare la verità. E, forse, anche una cura per il suo cuore smarrito.

Incontro 17 aprile 2018

24 sabato Mar 2018

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MENNULARA: “FIMMINA DI PANZA”

Quella della “Mennulara” e´una storia d’altri tempi. Mandorliera o raccoglitrice di mandorle che dir si voglia, Maria Rosaria Inzerillo é una figura che declina il determinismo sociale tipico della Sicilia del secolo scorso, una sorta di Mastro Don Gesualdo che, pur manipolando a gusto proprio il destino cercando di cambiarne i parametri, permane orgogliosamente incollata al suo status sociale: bracciante prima, criata (domestica) poi.
La morte della stessa é l’epilogo dal quale scaturisce un effetto domino di avvenimenti che, nell’arco di poch giorni coinvolge ogni singolo cittadino di Roccacolomba, luogo in cui la narrazione prende piede. Con un italiano riccamente adornato di sicilianismi ed un linguaggio solenne, preciso e dettagliato, Simonetta Agnello Hornby riesce a trasportare il lettore in quella Sicilia della nobiltá e delle servitú, di valori obsoleti e pettegolezzi, in quelle Sicilia ancora “extracontinentale” e troppo lontana da Roma. Riflettendo sul bagaglio culturale dell’autrice si arriva alla conclusione che creatore e creazione operano una reciproca azione di completamento: conoscere la Agnello Hornby é uno strumento fondamentale nella lettura del libro e, allo stesso tempo, i personaggi, i dialoghi, le tematiche trattate, il linguaggio utilizzato e l’interazione tra i personaggi complementano l’entitá dell’autrice.
A ridosso tra le vicissitudini della periferia londinese e i paradossi siciliani, La Mennulara é un caso letterario che offre un’immagine surrealmente pragmatica della società umana vista dalla prospettiva più cruda e animale in un tentativo eccezionalmente riuscito di mettere a nudo la vera natura istintiva dell’essere umano.

dariot

10 ottobre 2107

11 mercoledì Ott 2017

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martedì 19 ottobre si parlerà di “Pietra di pazienza” ATIQ RAHIMI

Una donna veglia un uomo disteso in un letto. L’uomo è privo di conoscenza, ha una pallottola in testa, gli ha sparato qualcuno per un futile motivo. In un paese che assomiglia all’Afghanistan, in un tempo che potrebbe anche essere oggi. La donna parla senza interruzione, come non ha mai fatto prima. Racconta al marito, finalmente presente e muto, molte storie che fanno la loro storia e quella del loro paese. Prima sussurra, poi grida, si adira, ha paura. Piange. E ancora sussurra, piano, dolcemente. Si prende cura dell’uomo e insieme lo rimprovera. Lo rimprovera di aver voluto essere un eroe, di aver preferito le armi e la guerra a sua moglie e alle figlie. Di non avere mai parole per lei. A poco a poco, escono dalla bocca della donna parole proibite, parole ribelli. Una finestra coperta da una tenda con uccelli migratori affaccia sul mondo esterno. Tutto intorno infuria la guerra. In un crescendo serrato la donna inizia a svelare al marito piccole furbizie e grandi colpe. Menzogne necessarie per non essere ripudiata con ignominia. Forse, un limite c’è anche per la sang-e sabur, la pietra di pazienza. Quella pietra che nella mitologia persiana si tiene accanto per confidarle tutto quello che non si può rivelare a nessun altro. Riversando su di lei i propri malesseri, sofferenze, dolori, miserie. La pietra ascolta, assorbe come una spugna, tutte le parole , tutti i segreti finché un bel giorno non esplode. E quel giorno saremo liberati.

 

 

10 settembre 2017

06 mercoledì Set 2017

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martedì 19 settembre riprendono gli incontri del Gruppo di Lettura che si terranno presso la sede dell’ass in P.zza Garibaldi 3 ore 21.00 a Monte Porzio (PU). Si parlerà dei libri letti durante l’estate: Paolo Fiorelli – Pessima mossa, maestro Petrosi, Gabriele Zevin – La misura della felicità, Irving Stone – Vortici di gloria

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Incontro 19 settembre 2017 – letture estive

13 giovedì Lug 2017

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PESSIMA MOSSA, MAESTRO PETROSI

PAOLO FIORELLI

È una calda mattina di giugno a Urbavia, amabile cittadina del Centro Italia che vanta una splendida basilica cinquecentesca e un’impareggiabile ricetta a base di cinghiale. L’attenzione è tutta per le battute finali del torneo di scacchi organizzato dalla locale Confraternita scacchistica. Il Grande Maestro Achille Petrosi ha già fatto la sua mossa e, rompendo il silenzio in sala con il cigolio della sua poltroncina, sta aspettando irrequieto quella dell’avversario, che a dire il vero non si è ancorapresentato. Quale imprevisto può aver trattenuto il Conte, uno dei favoriti alla vittoria? La risposta arriva poco dopo, quando l’uomo viene trovato senza vita nella sua villa, ucciso a coltellate. Turbato dalla morte del collega, Petrosi decide di indagare sull’accaduto con le poche armi che possiede: una spiccata propensione al pensiero logico, una grande curiosità e una conoscenza profonda del proprio piccolo mondo. D’altronde, ogni partita di scacchi non è forse un romanzo giallo in cui un Re viene assassinato, e bisogna capire come? Muovendosi tra la sua Urbavia e Cannes – dove a ronterà la partita della vita – tra strozzini e tra canti d’arte, Petrosi cerca, esplora, interroga (e s’interroga). Lo aiutano una mamma invadente, una studentessa russa che fa la badante ma sogna di diventare campionessa, un collega albanese che cerca fortuna in Italia. Ne emerge un quadro di invidie, gelosie e rivalità, in cui la verità sull’omicidio si rivelerà sorprendente e… paradossale.

La misura della felicità

Gabrielle Zevin

Dalla tragica morte della moglie, A.J. Fikry è diventato un uomo scontroso e irascibile, insofferente verso gli abitanti della piccola isola dove vive e stufo del suo lavoro di libraio. Disprezza i libri che vende (mentre quelli che non vende gli ricordano quanto il mondo stia cambiando in peggio) e ne ha fin sopra i capelli dei pochi clienti che gli sono rimasti, capaci solo di lamentarsi e di suggerirgli di “abbassare i prezzi”. Una sera, però, tutto cambia: rientrando in libreria, A.J. trova una bambina che gironzola nel reparto dedicato all’infanzia; ha in mano un biglietto, scritto dalla madre: “Questa è Maya. Ha due anni. È molto intelligente ed è eccezionalmente loquace per la sua età. Voglio che diventi una lettrice e che cresca in mezzo ai libri. Io non posso più occuparmi di lei. Sono disperata.” Seppur riluttante (e spiazzando tutti i suoi conoscenti), A.J. decide di adottarla, lasciando così che quella bambina gli sconvolga l’esistenza. Perché Maya è animata da un’insaziabile curiosità e da un’attrazione istintiva per i libri – per il loro odore, per le copertine vivaci, per quell’affascinante mosaico di parole che riempie le pagine – e, grazie a lei, A.J. non solo scoprirà la gioia di essere padre, ma riassaporerà anche il piacere di essere un libraio, trovando infine il coraggio di aprirsi a un nuovo, inatteso amore…

Vortici di gloria

Il romanzo degli Impressionisti

di Irving Stone

In un racconto appassionante e di avvincente realismo, Irving Stone ha ridato vita ai maggiori e minori esponenti dell’Impressionismo francese, ripercorrendo le vicende umane e artistiche di personalità d’eccezione. Al centro del libro è Camille Pissarro, il «visionario riflessivo», come fu definito, la cui vita è strettamente intrecciata a quella di Monet, Manet, Degas, Renoir, Cézanne, Sisley, Gauguin, Van Gogh, Baudelaire, Zola e quanti altri, pittori, scrittori, mercanti d’arte, popolarono la scena artistica francese nella seconda metà dell’Ottocento.Gli incontri al Café Guerbois e al Café de la Nouvelle Athène, le esposizioni ai Salons ufficiali, e ai Salons des refusés e, sullo sfondo, le vicende politiche della Francia a cavallo fra Secondo Impero e Terza Repubblica, fanno da cornice allo sviluppo di uno dei più esaltanti periodi creativi della storia dell’arte, narrato con fantasia e attenzione alla verità storica.
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