Incontro con l’autore – Alessandro Moscè

In occasione della vendita della casa di nonna Altera e nonno Ernesto, Alessandro torna ai tetti rossi, ovvero la grande struttura dell’ex ospedale psichiatrico di Ancona, complesso di palazzine nel verde inaugurato a inizi Novecento e riconvertito dopo la Legge Basaglia del 1978. Il distacco dalla casa dell’infanzia diventa per lui la soglia di un viaggio nel tempo, nei ricordi di quando ragazzino gironzolava intorno ai cancelli per vedere i matti, gli internati, di quando Ancona e le Marche tutte confinavano tra quelle mura chi non aveva retto alla Seconda guerra mondiale: le ex prostitute, gli ossessivi, i paranoici e semplici sbandati infliggendo loro privazioni e pene corporali. A dare una svolta alla gestione dell’ospedale, sulla falsariga di Basaglia, Alessandro ricorda fu il dottor Lazzari, assistito da medici, da suor Germana e dal giardiniere Arduino, re dei fiori e delle piante medicinali. Oggetto del loro tentativo di un ospedale più umano l’uomo-giraffa, il pirata, Franca che sogna i nazisti, Adele che non ricorda nulla se non Mussolini, Giordano che quando non colleziona bottoni pensa solo al Napoli calcio. Alessandro entra nei loro cuori e, compassionevole, ci descrive gli ospiti del manicomio come senso, spirito, emozione, paura, speranza. Gioia, tristezza, euforia, disperazione. La sfida di una follia curabile si intreccia ai teneri ricordi famigliari, fatti anche di odori e sapori di un mondo perduto, e al campo da calcio su cui lui e Luca, il figlio del giardiniere, sfidarono i matti in una grande partita con squadre miste. Il racconto poetico e illuminante di un pezzo di storia del Novecento spesso dimenticato, una riflessione emozionante sulla follia, l’integrazione e la libertà.

COPERTINA DEL LIBRO

Incontro Gruppo di lettura – 20 settembre

Una lucciola! Lo so ma statti fermo, dico. Lui si sdraia ma gli esplodono gli occhi. La seguiamo mentre vola e lampeggia, io abbasso le palpebre a intermittenza: quando è spenta le chiudo e quando è accesa le apro così tutte le volte che la guardo è luminosa. Poco dopo ne arriva un’altra e la raggiunge, si avvicinano alle nostre pance, hanno sentito i fiori. Si avvicinano da tutte le direzioni, sono tante, così piccole che anche quando passano sulle nostre facce non fanno nessun rumore. Si posano sui denti di leone per qualche istante, poi volano via. Mangiano sopra di noi, forse mangiano pezzi di noi e poi ci spargono nell’aria.

Io mi chiamo Mina e mi piacciono molte cose: denti di leone, tonno in scatola, libri, ricotta, lucciole e soprattutto i draghi, e le fiamme che escono dalla loro bocca. I draghi nessuno li uccide, sono fortissimi e per questo io mi sento una di loro, infatti la prima volta che ho visto Lorenzo non mi sono neanche spaventata. Lui era infuriato, urlava forte e mi ha lanciato un’occhiataccia. Ma io lo so che era solo molto arrabbiato, come me. Stare qui non ci piace per niente e questo è stato un ottimo motivo per diventare amici. Insieme facciamo sul serio. Siamo davvero due brutti ceffi e di fronte a noi se la danno tutti a gambe, perfino la paura. Il nostro mondo ha le regole che abbiamo deciso: ci sono mostri dentro i laghi, gnomi che aspettano il diploma di magia, gocce d’acqua che diventano animali fantastici e licantropi che esistono davvero. Chi non ci crede noi non lo ascoltiamo perché nonostante quello che dicono gli adulti, questa non è immaginazione. Questa è la realtà. Quella migliore per mettere a punto il nostro piano segreto. Un piano di fuga coi fiocchi. Perché io e Lorenzo dobbiamo scappare. Andarcene via dall’ospedale dentro cui viviamo ormai da troppo tempo e raggiungere il mondo fuori. Perché quando rivedremo il cielo, ogni cosa cambierà. Perché quando siamo insieme non ci batte nessuno.

Un ragazzo di vent’anni gioca a tennis contro un muro e ripercorre con ironia e sarcasmo la sua difficile adolescenza segnata soprattutto dalla prematura scomparsa dei genitori. Convive con una nonna ingombrante e con un pesce rosso, Emilio Salgari soprannominato il “dadaista”, un amico fidato che lo accompagna nel suo mondo d’evasione. Il ragazzo decide di dare una svolta alla sua scialba esistenza e di abbandonare le certezze di una routine che lo sta consumando giorno dopo giorno e subisce un ulteriore scossone quando incontra per la prima vota l’amore che “gli ribalta la vita”, insomma quando dovrà fare i conti con un cuore che batte. Q è un tipo particolare, il suo mito è John McEnroe, parla una lingua tutta sua influenzata dalla passione per il cinema e per il nadsat di Arancia Meccanica. Tra gli abeti del bosco di Paneveggio, immerso negli scenari magici della val di Fiemme e della val di Fassa, si compie lo straordinario destino del protagonista che fino all’ultimo resterà sospeso tra sogno e realtà.

Incontro con l’autore – domenica 17 luglio

Castelli da conquistare o da difendere, opere d’arte misteriose e terrificanti, città sommerse, amori capaci di far perdere tanto la testa quanto la pelle, creature mitologiche, dei iracondi e santi guerrieri: questi sono solo alcuni degli esplosivi ingredienti che vanno a comporre il Libro della veglia, un testo pensato per funzionare da gradevole introduzione alla cultura tradizionale della Provincia di Pesaro e Urbino. Il Volume raccoglie ventotto tra le leggende e le storie più identificative del territorio e delle sue comunità, memorie in buona parte in via d’estinzione, scelte dai curatori del blog ilfederico.com nella duplice speranza di contribuire in tal modo a dar loro una seconda vita e al lettore di trascorrere qualche momento piacevole in compagnia d’un pezzetto di quel racconto ancestrale – e spesso poco conosciuto – fatto dei luoghi che sono lui propri e delle genti che li vissero.

Foto dell’evento

Incontro Gruppo di Lettura – 5 luglio 2022

Paolo Genovese racconta gli istanti perfetti e i drammi di una storia d’amore bellissima, che sfida il tempo, fa riflettere e infine commuove. Una storia d’amore che solo due supereroi possono vivere.

«Avvertenza prima dell’uso: qui si piange questo è un romanzone d’amore» – Maurizio Crosetti, Robinson

Servono i superpoteri per amarsi tutta una vita, Anna e Marco lo sanno bene. Lei è una fumettista dal carattere impulsivo, nemica delle convenzioni; lui un professore di fisica convinto che ogni fenomeno abbia la sua spiegazione. A tenerli insieme è un’incognita che nessuna formula può svelare. Quante possibilità ci sono che le esistenze di due persone, sfioratesi appena in un giorno di pioggia, si incrocino per caso una seconda volta? Così poche da essere statisticamente irrilevanti, direbbe la scienza. Eppure ad Anna e Marco questo accade e riaccade. Ed entrambi si chiedono se a riavvicinarli di continuo sia un algoritmo, il destino o invece un sentimento tanto forte da resistere alle fughe improvvise, agli scontri, alla routine, alle incomprensioni e al dolore. Spostandosi avanti e indietro sulla linea delle loro esistenze, Paolo Genovese racconta gli istanti perfetti e i drammi di una storia d’amore bellissima, che sfida il tempo, fa riflettere e infine commuove. Una storia d’amore che solo due supereroi possono vivere.

7 giugno 2022 libro in lettura

“È un libro sulla complessità e contro la radicalità. Che racconta in modo semplice e puro la storia d’amore tra due donne. Un romanzo di formazione, non autobiografico, per comprendere cosa significa diventare adulti e cosa significa amare anche i lati oscuri di una persona”. In occasione dell’uscita de “Il cuore è un organo”, il suo d’esordio, Francesca Michielin si racconta con ilLibraio.it: “Credo che gli uomini in questa storia non dovessero starci, volevo lasciare uno spazio solo per le donne”. Parla del suo rapporto con la scrittura (“Ha una funzione terapeutica, ma non nel senso che deve diventare un luogo di sfogo, bensì un modo per evadere e comprendere quello che mi succede attorno… quello che ho scritto non è un romanzo autobiografico”) e di quello con la lettura (“Ho riletto ‘Fai bei sogni’ di Massimo Gramellini, un libro che mi ha accompagnato durante l’adolescenza. Le poesie di Franco Arminio mi rilassano e mi infondono speranza…”)

Ventisette anni e alle spalle una vittoria nel 2011 alla quinta edizione del celebre talent show X Factor, una laurea al Conservatorio, dieci anni di tour, partecipazioni a Sanremo, dischi, podcast, colonne sonore, duetti, una trasmissione tv. E ora anche un libro, Il cuore è un organo (Mondadori).

Un libro. Un programma. Una brillante comparsa a Sanremo. Questo è momento particolarmente intenso per lei. Come se la sta cavando?
“Direi bene. Sono emozionata e contenta. E poi tengo davvero tanto a questo libro”.

Come mai ha scelto di dedicarsi alla scrittura di un romanzo? Aveva bisogno di una nuova forma per esprimersi?
“Sono sempre felice quando scrivo. Ho una testa iperattiva e vulcanica. Il mio psicologo mi ha detto che la scrittura può essere terapeutica, ma non nel senso che deve diventare un luogo di sfogo, bensì un modo per evadere e comprendere quello che mi succede attorno. E in tutte le forme: dalla canzone, alla poesia fino alla prosa di un romanzo”.

Ci ha lavorato molto?
“La fase di scrittura è durata circa quattro mesi. Ma è da più di sei anni che ci stavo pensando. Avevo un programma serratissimo, ho definito il titolo, il tema, i personaggi, la scaletta…”.

E la scintilla da dove è nata?
“Quando ero molto più giovane, nel 2015, ho scritto Battito di ciglia, una canzone in cui dicevo, tra le altre cose, che ‘il cuore è un battito di ciglia, un drago che morde, un fuoco che non brucia mai’. Da lì ho iniziato a ragionare: noi idealizziamo di continuo il cuore. Ma infondo non è altro che un organo…”.

In lettura per il 3 maggio 2022

Il libro di Matteo Cellini racconta di una ragazza di quasi diciotto anni che vive in un piccolo paese, Urbania. Cate è un’adolescente come tante ma si sente diversa: è grassa, anzi obesa e la sua vita, giorno dopo giorno, è contrassegnata da questa sua difformità. Si sente uguale agli altri solo tra le mura di casa poiché i suoi familiari sono, come lei, di costituzione robusta. Ma anche nell’ambiente domestico Cate non è serena: porta dentro di sé quelle angosce tipiche di chi non si sente come gli altri. Così, per uscire e affrontare il mondo, diventa come un supereroe, anche se triste e si trasforma in Cater-pillar , Cate – bomba e cerca di dimenticare la propria identità. Le sue angosce si acuiscono mano a mano che si avvicina il giorno del suo diciottesimo compleanno: come affrontarlo? Per Cate è un’impresa impossibile perché lei è convinta che per gli obesi sia normale e quasi d’obbligo essere presi in giro dalle persone meno robuste ed è certa, quindi, che anche la festa in suo onore si trasformerà in una farsa. In classe qualcuno le è veramente amico ma lei non crede a questi rapporti poiché non si fida di nessuno e non vuole essere trattata con compassione. Le persone che l’avvicinano un po’ di più sono l’amica Anna e la professoressa d’italiano ma anche quando è con loro Cate non riesce a dimenticare i suoi problemi. La protagonista non si confida, in realtà, con nessuno perché, se lo facesse, la sua rabbia, così intensa, avrebbe effetti devastanti. Sono, purtroppo però, alcune parole dette in un momento di sconforto proprio dall’amata professoressa che per l’unica volta descrive Cate come una “ragazza cicciona, grossa come un baracchino degli hot – dog” a far precipitare la situazione. Quelle poche frasi hanno il potere di far emergere nella protagonista tutta la disperazione, la disillusione, l’amarezza provata in quegli anni e le danno la spinta all’ennesima abbuffata che potrebbe risultare fatale.

martedì 29 marzo – incontro gruppo di lettura

«Un viaggio interiore tra famiglia, perdita, dolore e il fascino immutabile delle formule matematiche.» – Maremosso

Dopo la morte della moglie, Massimo, professore di matematica in pensione, vive, introverso e taciturno, in una casa appartata su un’isola del golfo di Napoli. Pesca con metodo e maestria e si limita a scambiare rare e convenzionali telefonate con la figlia Cristina, che vive in una piccola città della ricca provincia padana. A interrompere il ritmo di tanto abitudinaria esistenza la notizia di un grave incidente stradale: la figlia e il genero sono morti, il piccolo Checco è in coma. Massimo deve assolvere i suoi doveri. Crede, una volta celebrata la cerimonia funebre, di poter tornare nella sua isola, e lasciare quel luogo freddo e inospitale. Non può. I sanitari lo vogliono presente accanto al ragazzino che giace incosciente. Controvoglia, il professore si dispone a raccontare al nipote, come può e come sa, la “sua” matematica, la fascinosa armonia dei numeri. Fuori dall’ospedale si sente addosso gli occhi della città, dove lo si addita, in quanto unico parente, come tutore del minore, potenziale erede di una impresa da cui dipende il benessere di molti. Da lì in poi quanto mistero è necessario attraversare? Quanto umano dolore bisogna patire? Per arrivare dove?

martedì 22 febbraio 2022 – incontro gruppo di lettura

<< La donna singolare non esiste. Se è in casa, sta con i figli, se esce va in chiesa o al mercato o ai funerali, e anche lì si trova assieme alle altre. E se non ci sono femmine che la guardano, ci deve stare un maschio che la accompagna. Io una donna femminile singolare non l’ho vista mai.>>

Tutto parte da Vera Gheno.

Dal fatto che la grammatica può modificare la vita delle persone; che una rideterminazione del femminile si possa pensare anche a partire dall’uso delle parole.

Perché il femminile singolare esiste, dipende solo da noi poi applicarlo.

Perché se è contemplato su un piano linguistico, per quale motivo non dovrebbe esserlo anche in ambito sociale?

Dopo il “Treno dei bambini” Viola Ardone torna a raccontare una storia forte, che è non è solo il racconto di una vita ma anche quello di un tratto della nostra storia recente: della Sicilia degli anni ‘60 e dell’abrogazione degli articoli 544 e 587 del Codice penale, quelli relativi al matrimonio riparatore e al delitto d’onore.

Oliva Denaro è meno immediata del piccolo Amerigo, ma è comunque un personaggio che conquista per la forza e il coraggio nel sottrarsi ad una condizione che lo vuole subalterno.

Perché lei non vuole essere donna, se questo significa obbedire, tenere la testa bassa e non sorridere perché un sorriso equivale a un sì; se significa non avere un’istruzione, se essere donna significa essere come una brocca e chi la rompa se la piglia.

La sua è una storia di formazione, di emancipazione, di affermazione di se stessa e quindi di (ri)apertura alla vita.

Una vita in cui l’ultima parola non deve aspettare ad altri se non a lei, a costo di mettere in discussione i fragili equilibri su cui si basa un’intera società.

E la sua voce si fa sentire, dapprima timida poi sempre più consapevole del suo spazio nella storia.

Esattamente come Amerigo, anche Oliva accompagna il lettore per mano in una vicenda avvincente ed istruttiva insieme.

In fondo penso sia proprio questo il punto di forza della Ardone: inventare delle storie che forse così inventate non sono, e inserirle poi in una cornice assolutamente concreta.

Forse non saranno vere, queste storie, almeno non alla lettera, ma sicuramente sono verosimili.