CESARE PAVESE
La bella estate
Il primo romanzo breve, che dà il titolo all’opera, fu scritto da Pavese tra il 2 marzo e il 6 maggio del 1940 ed era inizialmente intitolato “La tenda”. Quella del 1949 fu la prima pubblicazione.
«A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e attraversare la strada, per diventare come matte, e tutto era bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravano ancora che succedesse qualcosa, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, o magari venisse giorno all’improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare fino ai prati e fin dietro le colline…» |
Ginia è una giovanissima operaia in un atelier che proviene dalla campagna e vive con il fratello Severino che fa l’operaio del gas. Di carattere gioioso e fiducioso diventa amica di una ragazza più grande di lei, Amelia, che lavora come modella per alcuni pittori e che la convince a frequentare l’ambiente artistico della città. Amelia, che è attratta fisicamente da Ginia e nello stesso tempo è invidiosa della sua semplicità e gioia di vivere, la invita nello studio di un pittore, Guido, di cui si innamora e a cui infine si concede. Ginia è felice perché pensa che Guido la ami e di aver così coronato il suo sogno. Amelia intanto, che continua a fare proposte ambigue alla ragazza, le confida di essere ammalata di sifilide che non ha contratto da Rodriguez, lo strano tipo che frequenta lo studio di Guido, ma da una donna.
Assai presto Ginia si accorge che Guido la trascura e preferisce stare in compagnia degli amici e di Rodriguez e ne soffre.
Un giorno, dopo aver visto Amelia posare per Guido, gli dice che vuole posare per lui nuda non sapendo che l’amico Rodriguez guardava la ragazza da dietro una tenda che divideva il letto dallo studio. Quando egli all’improvviso apre la tenda, Ginia, tutta spaventata e piena di vergogna, fugge dalla casa dopo aver ascoltato le parole dette da Guido ad Amelia e all’amico: “Lasciala stare, è una scema”.
«Quando fu sola nella neve le parve di essere ancor nuda. Tutte le strade erano vuote, e non sapeva dove andare… Si divertiva a pensare che l’estate che aveva sperato, non sarebbe venuta mai più. Perché adesso era sola e non avrebbe parlato mai più a nessuno ma lavorato tutto il giorno.» |
Ginia alla fine accetterà la compagnia e le premure di Amelia, mettendo una pietra sopra i suoi sogni di una bella estate.
«E mentre Ginia cercava di sorridere, continuò: “Sono contenta perché questa primavera sarò guarita. Quel tuo medico dice che mi ha preso in tempo. Senti, Ginia, al cinema non c’è niente di bello” “Andiamo dove vuoi” disse Ginia “conducimi tu”.» |
Natalia Ginzburg
Uno dei libri consigliati per l’estate 2019 è “Lessico familiare” di Natalia Ginzburg.
Il libro è in pratica la storia della sua famiglia a partire da prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale fino agli anni 60 del novecento, in pratica fino alla sua pubblicazione nel 1963.
Essendo un libro, che possiamo definire biografico, ci sono molti personaggi che sono entrati nella resiste, mandati al confino e che poi alla fine della guerra sono entrati in politica. Il personaggio che colpisce di più anche per l’amicizia con lo legava a Natalia, è Cesare Pavese (libro in lettura a maggio/giugno 2019 “La bella estate”, premio strega 1950).
Natalia ne parla sempre al presente anche se lui è morto suicida nel 1950 e ne fa un ritratto molto particolareggiato e commovente, avevo condiviso con lui il lavoro all’”Einaudi” che viene indicata, nel libro, “la casa editrice”.
Come detto Natalia offre un ritratto accorato e commovente di Cesare, collega e amico, che amava incontrare a casa di Felice Balbo (allora consulente Einaudi).
Sono pagine in cui a distanza di tredici anni dalla morte di Cesare è ancora forte il senso dell’amicizia perduta, si può leggere tra le righe la sofferenza e il rimprovero all’amico che ha deciso di andarsene lasciandola con un dolore enorme da sopportare in silenzio.
Natalia non parla subito del suicidio, ricorda all’inizio le serate passate insieme in casa di Felice Balco, i loro discorsi che finivano sempre in alcune critiche di Balco nel modo di scrivere di entrambi.
…Balbo, quando smetteva un momento di discutere con quei suoi amici, esponeva a Pavese e a me le sue idee sul nostro modo di scrivere …
Il centro del ricordo che ha Natalia si sposta subito su Pavese e sulla sua reazione alle critiche
…Aveva sempre, nei rapporti con i suoi amici, un fondo ironico, e usava, noi suoi amici, commentarci e conoscerci con ironia; e questa ironia, che era forse tra le cose più belle che aveva, non sapeva mai portarla nelle cose che più gli stavano a cuore, non nei suoi rapporti con le donne di cui s’innamorava, e non nei suoi libri: la portava soltanto nell’amicizia, perché l’amicizia era, in lui, un sentimento naturale e in qualche modo sbadato. Nell’amore, e anche nello scrivere, si buttava con tale stato d’animo di febbre e di calcolo, da non saperne mai ridere, e da non essere mai per intero se stesso…
A Natalia manca particolarmente
…«[…] e a volte, quando io ora penso a lui, la sua ironia è la cosa di lui che più ricordo e piango, perché non esiste più: non ce n’è ombra nei suoi libri, e non è dato ritrovarla altrove che nel baleno di quel suo maligno sorriso»…
Natalia riconosce quattro caratteristiche di Pavese: la prudenza, il calcolo, l’astuzia e l’intelligenza
…Pavese commetteva errori più gravi dei nostri. Perché i nostri errori erano generati da impulso, imprudenza, stupidità e candore; e invece gli errori di Pavese nascevano dalla prudenza, dall’astuzia, dal calcolo, e dall’intelligenza…
Proprio a partire da questi errori Natalia intravede una delle cause che lo avrebbe portato al suicidio.
Pavese si uccise un’estate che non c’era, a Torino, nessuno di noi
Frase semplice e diretta come il dolore arrivato improvvisamente alla notizia del suicidio dell’amico.
…aveva preparato e calcolato le circostanze che riguardavano la sua morte, come uno che prepara e predispone il corso di una passeggiata o d’una serata…
Conclude poi
…Non aveva, in fondo, per uccidersi alcun motivo reale. Ma compose insieme più motivi e ne calcolò la somma, con precisione fulminea, e ancora li compose insieme e ancora vide, assentendo col suo sorriso maligno, che il risultato era identico e quindi esatto…
CESARE PAVESE
La bella estate – Premio Strega 1950.
Scritto nel 1940 e pubblicato nel 1949.
Pavese con questo lungo racconto ci descrive la vita di una giovane ragazza adolescente, Ginia proveniente da un ambiente operaio, che comincia – poco alla volta – a muovere i suoi primi e timidi passi nel mondo degli adulti, con alcuni esponenti di una bohème pseudo-artistica e intellettuale: studenti, perdigiorno e pittori dilettanti, che si incontrano nei caffè e abitano nelle soffitte. Il mondo visto con gli occhi della ragazza è nella parte iniziale un mondo nuovo tutto da scoprire. Ginia ha sempre vissuto in casa con suo fratello maggiore Severino ed è stata educata nel modo tipico delle famiglie dell’epoca – poca confidenza ai giovanotti, mani rigorosamente al loro posto, elevato senso del pudore.
Nell’estate dei suoi 16 anni la giovane e timida Ginia viene definitivamente introdotta nella società dei grandi e a farle da spalla in questa avventura troviamo la figura di Amelia, che ha soli due anni in più della protagonista ma sa il fatto suo ed ha carisma da vendere. La dolce Ginia aspetta con trepidazione, ogni sera, la chiamata di Amelia che la porta alla scoperta dei caffè, di un tipo di società differente a quella in cui la ragazza è abituata a vivere.
Ginia è affascinata soprattutto dal mestiere di Amelia, che fa la modella e posa per alcuni pittori.
La storia entra nel vivo sfruttando proprio il concetto di questo tipo di arte e Pavese ci conduce all’interno della società degli artisti, fatta di talento e di sregolatezza. Ginia all’inizio è spaesata, guarda con timore e circospezione la sua amica mentre si fa ritrarre in alcune pose e, come è inevitabile che sia, le sorge la curiosità di provare anche lei a sottoporsi ad un ritratto.
Amelia la introduce nella casa di Guido, un soldato e pittore del posto, e di Rodrigues – pseudo pittore anche lui. Qui Ginia scopre il vero senso della vita, si infatua di Guido e inconsciamente associa la sua figura alla sua nuova vita da adulta e soprattutto al piacere dell’estate che sta trascorrendo in compagnia dei suoi nuovi amici.
Tutti noi abbiamo avuto la nostra bella estate nella vita, quel periodo di scoperta in cui abbiamo mosso i nostri primi passi verso qualcosa di ignoto che ci attirava irrimediabilmente e tutti noi probabilmente, proprio come Ginia, ci abbiamo sbattuto la testa.
Pavese racconta la vita di un adolescente in modo delicato.
Si percepisce moltissimo come il modo di raccontare e scrivere dell’epoca fossero diversi da quelli utilizzati oggi: anche ne ”La bella estate” è presente una buona carica di erotismo, ma non quel tipo di erotismo che si legge oggi.
L’erotismo di Pavese è qualcosa di superiore, di etereo e di sfuggevole ed è rappresentato dalla figura del pittore che con i suoi occhi arriva a mettere a nudo le persone senza necessariamente doverle spogliare.
"Mi piace""Mi piace"